3 FEBBRAIO 2025

21:51

NOTIZIA DI CRONACA

DI

371 visualizzazioni


3 FEBBRAIO 2025 - 21:51


NOTIZIA DI CRONACA

DI

371 visualizzazioni



RIMINI: Buttafuori uccise pompiere, decisi 400mila euro per il padre | VIDEO

Quattrocentomila euro è l’importo del risarcimento che il giudice per le indagini preliminari di Rimini, Vinicio Cantarini, ha disposto in favore di Claudio Tucci, padre di Giuseppe, il 34enne vigile del fuoco ucciso a pugni da un addetto alla sicurezza della discoteca Frontemare di Miramare, Klajdi Mjeshtri, l’11 giugno 2023, al termine di una lite per futili motivi. Il risarcimento è stato stabilito nelle motivazioni della sentenza di condanna di primo grado, che ha visto Mjeshtri condannato a 12 anni di reclusione per omicidio preterintenzionale aggravato dalla minorata difesa. La battaglia legale non è, tuttavia, conclusa. I familiari di Tucci – madre, sorella, compagna e figlio minorenne – inizieranno ora una causa civile, con richiesta di risarcimento che potrebbe arrivare a quasi un milione di euro. Il locale Frontemare, che non è stato coinvolto nel processo penale, si è costituito parte civile e ha coinvolto la propria compagnia assicurativa, che parteciperà al processo civile. Il giudice, nelle motivazioni della sentenza, ha analizzato le testimonianze di due 'buttafuori' e di un amico di Mjeshtri, riscontrando incongruenze e contraddizioni nelle loro versioni. Secondo la ricostruzione del gip, l’imputato avrebbe colpito Tucci con 4-5 pugni, senza però continuare l’aggressione dopo la caduta della vittima. Alla luce delle prove, il giudice ha escluso l’omicidio volontario, considerando l’evento come omicidio preterintenzionale, poiché Mjeshtri non avrebbe potuto prevedere la morte di Tucci come conseguenza dei suoi atti. I difensori di Mjeshtri non sembrano intenzionati a fare ricorso in Appello, mentre i genitori di Tucci devono ancora decidere se proseguire con il secondo grado di giudizio. 




ALTRE NOTIZIE DI CRONACA

RAVENNA: Prostituta uccisa in casa, un indagato dopo quasi 30 anni

A quasi trent'anni dal delitto c'è un sospettato per la morte di Iolanda Castillo, prostituta 34enne originaria di Santo Domingo uccisa attorno al 2 maggio 1996 in un appartamento di Lido di Savio, sul litorale ravennate. Si tratta di un 62enne brasiliano ora indagato a piede libero per omicidio aggravato da sevizie e crudeltà. Come riferito dai due quotidiani locali 'il Resto del Carlino' e 'Corriere Romagna', il movente delineato dalla Procura di Ravenna punta diritto verso l'ambiente della prostituzione: il 62enne, che sfruttava il lavoro della vittima in Umbria, quando la 34enne si è allontanata per raggiungere la riviera romagnola, l'avrebbe raggiunta apposta con l'intento di punirla. Al momento l'uomo risulta irreperibile tanto che il Gup Andrea Galanti, in seguito a richiesta di rinvio a giudizio, ha sospeso le udienze disponendo la ricerca a oltranza del sospettato. La 34enne, arrivata in Italia da meno di un anno dal delitto come colf e giunta a marzo nella località ravennate, era stata trovata esanime dai carabinieri il 5 maggio su segnalazione della donna che la stava ospitando nel suo appartamento e che non la sentiva più al telefono: era supina sul letto, senza vestiti, con braccia e gambe legate dalla cintura della vestaglia e segnata da percosse e numerose coltellate. Il suo assassino, prima di andarsene, le aveva anche tappato la bocca con uno slip da uomo e le aveva conficcato due coltelli nel cuore. Le indagini avevano vagliato piste legate a clienti, possibili rancori (la posizione del brasiliano era stata archiviata nel 2006) e perfino serial killer di prostitute. Le nuove indagini - coordinate dalla Pm Monica Gargiulo - sono partite nell'ottobre 2020 quando i Ris hanno rilevato una forte verosimiglianza su un'impronta lasciata sulla scena del crimine e l'impronta del 62enne disponibile su Afis: 17 punti di convergenza che hanno riacceso i sospetti sul brasiliano grazie anche a dichiarazioni di una persona vicina all'uomo, alle analisi dei tabulati telefonici e alla valutazione dei rapporti tra 62enne e vittima. Con un problema tecnico da superare: nel 2002 l'impronta dell'indagato era stata presa in maniera non corretta nell'ambito di un arresto per droga. Ecco dunque la necessità di interpellare le autorità del Brasile per procedere a nuovi accertamenti tecnici e per confrontare anche il Dna. Finora del sospettato nessuna notizia.