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EMILIA-ROMAGNA: Allarme occupazione 2024, posizioni non coperte al 51% | VIDEO

ECONOMIA - Secondo l’indagine realizzata da Unioncamere, i fabbisogni occupazionali per il 2024 in Emilia-Romagna tracciano scenari complessi per le imprese, con difficoltà di reperimento delle professionalità richieste. Elevate difficoltà di reperimento di personale qualificato, mismatch tra domanda e offerta di lavoro. Il 51% delle posizioni aperte in Emilia-Romagna risulta di difficile copertura, una percentuale correlata sicuramente all’invecchiamento demografico, al calo delle nascite e alla carenza di competenze specifiche. Tutto questo è il complesso quadro occupazionale delle imprese in regione nel 2024. I fabbisogni delle imprese nel 2024 per la provincia di Forlì-Cesena Nello specifico a Forlì Cesena si riscontrano difficoltà di reperimento in alcuni settori, come nelle industrie di fabbricazione di macchinari e attrezzature 64%, nelle costruzioni 63% e in sanità/assistenza sociale private 58%. I fabbisogni delle imprese nel 2024 per la provincia di Rimini Anche nel riminese la situazione occupazionale non è semplice e sempre in ambito costruzioni 65%, per passare alle industrie metalmeccaniche ed elettroniche 64%, fino alla sanità e assistenza sociale private 61%. Secondo la Camera di Commercio della Romagna sarebbe necessario rendere il lavoro sempre più inclusivo verso quelle fasce che non riescono a esprimere al meglio il proprio potenziale, programmare percorsi formativi, innalzare la produttività del lavoro. E poi sarebbe indispensabile attrarre giovani talenti nelle imprese. Per la Camera di Commercio sta cambiando il modo di vivere e di lavorare e questo sta mettendo in discussione equilibri sociali ed economici

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EMILIA-ROMAGNA: De Pascale sul limite ai mandati, “È un principio sano”

Quello del limite ai mandati per sindaci e presidenti di Regione "per me non è un principio sbagliato, poi è chiaro che magari oggi sono poco credibile nel dirlo perché sono all'inizio del primo. Però dicevo le stesse cose quando ero sindaco". Lo ha detto il presidente dell'Emilia-Romagna Michele de Pascale, a margine dell'inaugurazione di Marca in Fiera a Bologna. "Anche i paragoni che vengono fatti con altri ruoli sono un po' impropri. Il discrimine che ha voluto dare il nostro ordinamento è che per i ruoli a elezione diretta, quindi capi di esecutivi a elezione diretta, c'è il principio dei due mandati", sottolinea de Pascale, secondo cui "in generale il principio dell'alternanza delle persone nei ruoli di vertice apicali delle istituzioni è un principio repubblicano sano, importante, che non può essere sottovalutato". Il governatore sottolinea il grande potere dei capi di esecutivi a elezione diretta: "Io se mi dimetto mando a casa tutto il consiglio regionale dell'Emilia-Romagna, capite che è un potere grande che viene dato al sindaco, al presidente della Regione ed è un potere che è contemperato dal fatto che ci sia il limite dei mandati". Poi, allarga le braccia de Pascale con una battuta, "c'è un principio generale che uno forse si dovrebbe astenere da commentare le regole quando lo riguardano direttamente, perché in alcuni casi alcuni presidenti sono diventati presidenti perché chi c'era prima di loro non lo ha fatto. Io se Bonaccini avesse avuto i tre mandati non sarei mai diventato presidente probabilmente, perché si sarebbe candidato Bonaccini. Poi magari fra due mandati divento anche io favorevole al terzo mandato". "Per le Regioni”, prosegue De Pascale “è una cosa che sanno in pochi, l'elezione diretta non è l'unico strumento: volendo il consiglio regionale potrebbe cambiare lo statuto, togliere l'elezione diretta del presidente e a quel punto non c'è più il limite di mandati. Quindi volendo la Campania e il Veneto potrebbero cambiare il loro statuto, non fare l'elezione diretta e a quel punto non ci sarebbe più limite di mandati. L'elezione diretta invece è legata al mandato".

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TRENTO: Caso Pedri, iniziata arringa difensiva dei legali ex primario

È in corso davanti al gup di Trento, Marco Tamburrino, l'arringa difensiva dei legali dell'ex primario dell'unità di ginecologia e ostetricia dell'ospedale Santa Chiara di Trento, Saverio Tateo, imputato assieme alla sua vice, Liliana Mereu, per maltrattamenti in concorso e continuazione nei confronti del personale del reparto. L'accusa, rappresentata dalla pm Maria Colpani, ha chiesto nelle scorse udienze la condanna dei due professionisti a quattro anni, due mesi e venti giorni. I legali di Tateo, gli avvocati Nicola Stolfi e Salvatore Scuto, ribadiranno oggi la linea difensiva assunta all'inizio del procedimento, rigettando ogni contestazione. Le arringhe difensive, a quanto precisato dai legali, toccheranno molti aspetti, a iniziare dalle dichiarazioni rilasciate durante l'incidente probatorio, quando il giudice ha acquisito la testimonianza di alcune delle collaboratrici dei due professionisti per evitare la vittimizzazione secondaria. Una parte degli interventi, che proseguiranno fino al pomeriggio, sono dedicati invece alla giurisprudenza sull'applicazione dell'articolo 572 codice penale nell'ambiente di lavoro. Il procedimento è scaturito dalle indagine seguite alla scomparsa della ginecologa di 31 anni Sara Pedri, di cui si sono perse le tracce dal 4 marzo 2021. In aula sono presenti entrambi gli imputati.


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